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Archeologia industriale e la riqualificazione delle fabbriche dismesse

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Avendo nel nostro portafoglio alcuni immobili derivanti dalla riqualificazione di aree industriali (appartamento nel Residence La Cartiera a Lesa,  l’ex opificio di 350 mq con vista sul Golfo Borromeo a Baveno ed il Loft in Arona ) e riscontrando nei Clienti interesse e curiositá per la loro storia, ho deciso di proporre alcuni articoli sull’archeologia industriale e sulle più interessanti riqualificazioni effettuate in Italia.

Innanzi tutto partendo dal concetto di Archeologia industriale

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L’ archeologia industriale è una disciplina che studia l’ epoca caratterizzata dalle produzioni industriali. Tale patrimonio archeologico può essere rappresentato da aree cioè superfici sulle quali sorgono le industrie; da fabbricati cioè edifici nei quali si svolgevano le attività; da macchine che erano le attrezzature adoperate per produrre i manufatti. Quindi l’archeologia industriale introduce il concetto di monumento industriale che è un bene del patrimonio culturale delle nazioni e rivolge il proprio interesse allo studio dei resti materiali dei primi periodi industriali, utilizzando tecniche dell’ archeologia tradizionale. Nella foto qui sopra, le macine di una vecchia cartiera, simili a quelle che potete trovare nel giardino del nostro appartamento in vendita a Lesa nella ex Cartiera Gaggero, visibili sulla fotogallery dell’annuncio.

Nell’attesa di acquisire informazioni per proporvi articoli sulle ex aree industriali della nostra zona, propongo gli articoli piú completi trovati in rete sulle riqualificazioni nazionali.

Partiamo da Belluno e dall ‘ex stabilimento per la produzione di ammoniaca Sass Muss

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Attraverso il contributo del Fondo Europeo Sviluppo Regionale, l’Agenzia Trasformazione Territoriale in Veneto ha realizzato il recupero del sito di archeologia industriale, articolato in 3 edifici originari e 2 edificati ex novo, su progetto dell’Architetto Manlio Olivotto.

Per il restauro dei fabbricati di archeologia industriale si è dovuto provvedere al loro consolidamento strutturale, oltre che all’inserimento di nuove strutture in acciaio, al rifacimento di massetti e pavimenti, della copertura e degli elementi di collegamento verticale. La scelta delle finiture esterne, dei nuovi serramenti e di restaurare gli esistenti è stata particolarmente finalizzata al mantenimento del caratteristico ed originario aspetto dell’antica fabbrica industriale.

Due nuovi corpi di fabbrica integrano l’area, inserendosi in maniera armoniosa, seppur non mimetica, nel contesto dal punto di vista naturalistico, rispettando il vincolo idrogeologico cui è soggetto il territorio, caratterizzato da diverse componenti ambientali. Dal punto di vista architettonico, il confronto con la forte presenza degli edifici di archeologia industriale avviene in maniera decisa, ma non senza cercare un accordo formale: prospetti vetrati e coperture con manto vegetale si modulano osservando i volumi e lo spazio circostante.

La storia della fabbrica

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Lo stabilimento di Sass Muss, destinato alla produzione dell’ammonica e realizzato sulla base del progetto elaborato dall’ingegner Giacomo Fauser, era ubicato vicino al fiume Cordevole. L’intero complesso era costituito dalla fabbrica vera e propria (edificio Sass de Mura: uno spazioso edificio a pianta rettangolare provvisto di vetrate e di grandi portoni d’accesso), un altro dedicato alla produzione di energia (Padiglione Pavione) e da un fabbricato adibito ad uffici e ad abitazione del direttore (edificio Pizzocco).

All’esterno erano collocati i due gasometri: uno grande per l’idrogeno ed uno più piccolo per l’azoto. Lo stabilimento, costruito nel solo spazio di una anno e dotato di macchinari di fabbricazione italiana, entrò in produzione nel 1924, occupando all’inizio una ventina di persone. Vi si produceva, col processo Fauser, solo ammoniaca.

La corrente elettrica necessaria al funzionamento (un milione di chilowattore al mese) era fornita dalla vicina centrale (situata a pochi metri di distanza). Nel 1928 lo stabilimento contava 39 dipendenti.

Durante la Seconda Guerra Mondiale gli aerei americani mitragliarono, danneggiandoli gravemente, i due gasometri dell’idrogeno e dell’azoto e i serbatoi dell’ammoniaca, che si riversò tutta nel Cordevole. Lo stabilimento restò anche fermo a causa di altri eventi bellici che danneggiarono la condotta forzata della centrale elettrica.

Nel 1964 i dipendenti erano scesi a 24/25. Qualche anno dopo la fabbrica smise l’attività. Negli anni Ottanta, venne acquistata da un’industria chimica milanese, ma mai impiegata per usi produttivi o di altro genere.

 

La riqualificazione

 

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Dolomiti Contemporanee, nato ad agosto 2011, è un riconfiguratore spaziale, e concettuale. Attraverso l’arte e la cultura, Dolomiti Contemporanee individua e riattivata una serie di siti dal forte potenziale: siti industriali, fabbriche abbandonate, ai piedi delle guglie dolomitiche.

Il programma di riqualificazione ideato da Dolomiti Contemporanee prevede l’occupazione temporanea dei complessi individuati, che vengono trasformati in centri espositivi. Al loro interno, si attivano le Residenze, in cui vengono ospitati gli artisti. Oltre 100 nei primi due anni di attività. La fabbriche, chiuse da anni o decenni, riaprono dunque come centri di produzione culturale ed artistica.

Sass muss è il sito-origine del progetto Dolomiti Contemporanee. il primo complesso riattivato e recuperato attraverso un modello in cui cultura ed arte divengono elementi produttivi di spinta, leve concrete per l’azione sul territorio.

Il sito di archeologia industriale di Sass Muss è stato utilizzato da Dolomiti Contemporanee tra giugno 2011 e giugno 2012, ed ha inaugurato la stagione delle “migrazioni artistiche”. Dolomiti Contemporanee all’interno dell’edificio Pizzocco ha realizzato i propri uffici, un bar-ristoro, e utilizzando gli appartamenti ai piani superiori per la Residenza degli artisti; i Padiglioni Pavione (750 metri quadri) e Sass de Mura (1.000 metri quadri), sono stati utilizzati come spazi espositivi, insieme a due degli edifici che fanno parte dell’ampliamento produttivo. Oltre 10.000 persone sono giunte in questo sito, formidabile e delocalizzato, riscoprendolo, dopo decenni d’oblio, e inaugurando una nuova stagione per il complesso. In seguito, altri siti, complessi d’archeologia industriale, fabbriche abbandonate, sono state riavviate grazie all’azione di Dolomiti Contemporanee che attualmente lavora ai prossimi cantieri.

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